Cemento armato di Santa Pazienza

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Nella poesia di Lorenzo Pompeo è avvertibile l’esigenza di porre degli alt, degli stop alla fluidificazione dei segni estetici, di rimettere un po’ di ordine tra il«nome» e la «cosa»; è percettibile il bisogno di costruire una mappa, una nuova e diversa «ontologia estetica», una nuova «casa comune»; ma, come fare?, ogni «nuova ontologia estetica» passa necessariamente per l’affondamento della «vecchia ontologia estetica» e per un nuovo impiego della «nuova ontologia pratica delle parole», cioè una nuova etica e quindi una nuova este-tica delle parole, una nuova patria metafisica.

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Nella poesia di Lorenzo Pompeo è avvertibile l’esigenza di porre degli alt, degli stop alla fluidificazione dei segni estetici, di rimettere un po’ di ordine tra il«nome» e la «cosa»; è percettibile il bisogno di costruire una mappa, una nuova e diversa «ontologia estetica», una nuova «casa comune»; ma, come fare?, ogni «nuova ontologia estetica» passa necessariamente per l’affondamento della «vecchia ontologia estetica» e per un nuovo impiego della «nuova ontologia pratica delle parole», cioè una nuova etica e quindi una nuova este-tica delle parole, una nuova patria metafisica. La problematica è ben indicata nella poesia di apertura della raccolta, «La caduta», dove a cadere è il protago-nista, l’alter ego dell’autore, «vecchio pagliaccio» che ha «dimenticato qualcosa» «e poi scivolo nell’oblio/ come una cartolina senza indirizzo/ in una cas-setta delle poste». La «caduta» è il presupposto per la ripresa, ed è lo «stato»naturale dell’uomo dell’Occidente. Lorenzo Pompeo ha appreso la dura lezio-ne del reale dalla omonima poesia di Ró?ewicz, sa che non c’è tempo per l’in-certezza, che «questa volta faccio sul serio!» come recita un verso di una sua poesia, intuisce che è arrivato il momento di stabilire un nuovo concordato trala «cosa» e la «parola», nel quale la parola vive nella situazione paradossale di dare voce ad un «film muto» come recita il titolo di una poesia: «Didascalieper un film muto». I versi sono «sacchi di tempo», dove il tempo ci espropria delle nostre parole. Al poeta del nostro tempo non resta che dichiarare: «misono messo a ricucire/ mucchi di stracci».

 

L'autore

Lorenzo Pompeo, nato a Roma, è dottore di ricerca in Slavistica, traduttore lettera-rio (ha tradotto con diverse case editrice alcuni romanzi dal polacco e dall’ucraino),autore di due vocabolari e della raccolta di racconti Auto-pseudo-bio-grafo-mania(Ibiskos, 2009). A seguire, il romanzo breve In arte Johnny. Vita, morte e miracoli diGiovan Battista Cianfrusaglia (CIESSE, 2010). Nel 2011 ha ideato e curato, in colla-borazione col sito www.braviautori.com, il bando di concorso “Non spingete quel bot-tone” per una Antologia di racconti dedicati all’ascensore. Nel 2017 ha ideato e realiz-zato il blog di poesia www.ilvascellofantasma.it. Da qualche anno coltiva e affiancaall’attività di autore e traduttore quella di fotografo, testimoniata dal sito www.loren-zopompeo.it 

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Nella poesia di Lorenzo Pompeo è avvertibile l’esigenza di porre degli alt, degli stop alla fluidificazione dei segni estetici, di rimettere un po’ di ordine tra il«nome» e la «cosa»; è percettibile il bisogno di costruire una mappa, una nuova e diversa «ontologia estetica», una nuova «casa comune»; ma, come fare?, ogni «nuova ontologia estetica» passa necessariamente per l’affondamento della «vecchia ontologia estetica» e per un nuovo impiego della «nuova ontologia pratica delle parole», cioè una nuova etica e quindi una nuova este-tica delle parole, una nuova patria metafisica.

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