Ingranaggi, silloge di Edith Dzieduszycka

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Poesia tra le più trasparenti e limpide che mi sia di questi tempi toccato di leggere e di ammirare, questa di Edith Dzieduszycka, i cui versi sembra che emergano da un magma confuso, indistinto; forse il magma dell’esistere stesso, forse il magma dell’esperienza sensibile...
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Poesia tra le più trasparenti e limpide che mi sia di questi tempi toccato di leggere e di ammirare, questa di Edith Dzieduszycka, i cui versi sembra che emergano da un magma confuso, indistinto; forse il magma dell’esistere stesso, forse il magma dell’esperienza sensibile, forse perfino il magma di un sogno, ma del sogno fatto a occhi aperti e sempre in presenza della ragione per non sprofondare definitivamente nel buio delle contraddizioni. In questi Ingranaggi giocano un ruolo attrattivo-repulsivo due parole-chiave: «suicidio/sudicio», un mix di ironia, spaesamento e auto flagellazione.
In questa nuova raccolta, la Dzieduszycka edifica versi adescando dal suo vocabolario parole pescate dalla sua patria linguistica, una patria fatta soltanto di parole abitate, le stesse parole che abitano il suo linguaggio poetico.
Edith Dzieduszycka non si discosta mai dal «cerchio del dire», ovvero da quel perimetro ben delineato, a lei noto e praticato e abitato, quello spazio linguistico all’interno del quale le «cose» sono in grado di andare incontro al poeta parlandogli senza trappole, senza trabocchetti, perché le «cose», prese nei loro ingranaggi molteplici, ci parlano sempre, non cessano mai di parlarci. Questa capacità di incontro e di colloquio con le «cose» è precipuo dell’autrice, l’incontro con quegli oggetti nell’atto in cui essi cominciano a caricarsi di energia emotiva e valenza simbolica e da oggetti si trasformano in «cose» linguistiche che la poetessa francese, ma romana di adozione, chiama il «Sé privato» stabilendo una distanza infinita da quell’Io poetante narcisisticamente autoreferenziale di tanta poesia odierna.
(Gino Rago)

Edith Dzieduszycka, di nazionalità francese, nasce a Strasburgo. Studi classici. Lavora 12 anni al Consiglio d’Europa. Secondo Premio dei Poeti dell’Est nel 1965. Si trasferisce in Italia nel 1968, Firenze, Milano, infine Roma dove vive dal 1979. Nel campo artistico, prima recensione da parte di Duccio Trombadori per il collage, Mario Giacomelli per la fotografia. Nel campo letterario, introduzione e lettura di Vittorio Sermonti per Diario di un addio, (2007), primo libro scritto direttamente in italiano. Da allora numerose pubblicazioni: fotografia, poesia, alcune bilingue, 2 romanzi, racconti, haiku. Video su Youtube. Sito: www.edithdz.com

ISBN 9788833562728
96 pp.

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