Frammenti, silloge di Lorenzo Poggi

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Nei miei versi si respira l’odore della bottega artigiana, versi costruiti sulle osservazioni del quotidiano più che alla scrivania, con le mani sporche di terra e gli occhi attenti alle nuvole, alle bottiglie vuote di birra lasciate sulle panchine, a quanto ci stiamo allontanando dal nostro essere umani. 
(Dalla nota dell’autore)
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Da un verso all’altro
Mentre svolazzo da un verso all’altro
mi confondo le dita nei capelli
e trasecolo di prosa falsificata
e di pensieri in rima con “ore”.

Poi c’è il verso che sottende tutto
poiché non c’è bisogno di capire
basta apprezzare il suono 
d’una canzone che non c’è.



L'autore
Lorenzo Poggi è un “giovane” poeta romano (ma tanto vecchio d’anni) esploso come un vulcano da troppo tempo dormiente. La lava dei suoi versi (con oltre 2500 poesie) scorre ininterrottamente da 10 anni. È stato per oltre 20 anni capo redattore della “Guida delle Regioni d’Italia” annuario d’informazioni anagrafiche sulle principali strutture regionali e statali in tre volumi e oltre 4000 pagine. Successivamente per oltre 10 anni è stato direttore responsabile della “Guida ai Governi locali” un semestrale di aggiornamento sulle giunte e consigli di regioni, province e comuni. È tornato alla poesia, a cui si era dedicato in gioventù, nel 2010. Ha pubblicato “Sassi sparsi” (2010), “Sussurri e grida” (2011), “Il cielo che aspetta” (2011), “La luna nel pozzo” (2012), “Mentre cammino” (2012), “Versi cor(ro)sivi” (2015), “Quel ragazzo che provava a volare” (2016), “Stretti sentieri” (2017), “Se questo è canto” (2018), “La nauseatudine” (2019), “Roma nostra” (2020) e “Quello che resta” (2020). Con “La nauseatudine” ha vinto il primo premio nella IX edizione del premio nazionale di poesia “L’arte in versi”.

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Frammenti, silloge di Lorenzo Poggi

Nei miei versi si respira l’odore della bottega artigiana, versi costruiti sulle osservazioni del quotidiano più che alla scrivania, con le mani sporche di terra e gli occhi attenti alle nuvole, alle bottiglie vuote di birra lasciate sulle panchine, a quanto ci stiamo allontanando dal nostro essere umani. 
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