Storie di una pallottola e della gallina Nanin - Gino Rago
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Il dispositivo poetico mira a creare una zona di indistinzione, di indiscernibilità, di indecidibilità, di disfunzionalità. È come se ogni singola unità frastica attendesse di trovare la propria giustificazione dalla unità frastica che immediatamente la precede o la segue; non si tratta di somiglianza o di dissimiglianza tra le singole unità frastiche ma di uno slittamento, di una vicinanza che è una lontananza, di una contiguità che si rivela essere una dis-contiguità, una prossimità che si rivela essere una dis-prossimità; si tratta di una dis-cordanza, di un dis-formismo che si stabilisce tra i polinomi frastici. Anche le unità di luogo e di tempo della mimesis aristotelica sembrano dissolversi in una fitta nebbia e, con la dissoluzione del pensiero mimetico, viene meno anche la giustificazione di un io plenipotenziario e panottico, viene meno anche la maneggevole sicurezza del corrimano del significato. Tutto ciò appartiene alla pratica e alla ricerca teorica della NOE (nuova ontologia estetica) perseguita dall’autore in questi ultimi anni tra i post della rivista on line lombradelleparole.wordpress.com. Ovviamente, tutto il resto dipende dall’estro e dal talento di ciascun poeta. Ha scritto Ilya Prigogine: «Non esiste un sistema che non sia instabile e che non possa prendere svariate direzioni». La nuova ontologia estetica segue il medesimo principio coniato dal grande chimico russo. Parafrasando lo scienziato potremmo dire che «la forma-poesia è un sistema instabile, infatti non esiste un sistema che non sia instabile e che non possa prendere svariate direzioni». È fondamentale dunque indagare la dimensione caosmotica e caosferica in ossequio a quella filosofia pratica, a quella prassi tipica della poiesis kitchen a cui si è accennato con la citazione di Prigogine: fabbricare una zona di indeterminazione, un sistema altamente instabile e infiammabile da connettersi con un fuori, con un immaginario verso cui tendere per camminare fuori dalla nostra zona di comfort normografico e normologico; una zona di indeterminazione e di indifferenziazione entro la quale costruire un crocevia fortuito d’incontri, un assemblaggio, un patchwork, una story telling, un puzzle dinamico, peristaltico e instabile, instabile perché se c’è la stabilità c’è la normologia, la poesia kitchen di Gino Rago è sufficientemente instabile e infiammabile, fa uso dell’entanglement, della procedura serendipica, del salto e della peritropè, tropi altamente infiammabili che agglutinano la precarietà in un luogo non-luogo, in una struttura che è al contempo una meta-struttura.
Gino Rago, nato a Montegiordano (CS) nel febbraio del 1950, vive tra Roma e Trebisacce (CS). Laureato in Chimica Industriale presso l’Università La Sapienza di Roma, è stato docente di Chimica. Ha pubblicato L’idea pura (1989), Il segno di Ulisse (1996), Fili di ragno (1999), L’arte del commiato (2005), I platani sul Tevere diventano betulle (2020) e, insieme con Filomena Rago, La leggenda della Madonna delle Armi (Da raccontare ai bambini e non solo...) (2022). Sue poesie sono presenti nelle antologie Poeti del Sud (2015), Come è finita la guerra di Troia non ricordo (2016), How the Trojan War Ended I Dont’t Remember (2019), Poetry Kitchen (2022). È presente nei saggi di Giorgio Linguaglossa Critica della Ragione Sufficiente (2018) e L’elefante sta bene in salotto (2022). È nel comitato di redazione della Rivista di poesia, critica e contemporaneistica “Il Mangiaparole” e redattore della Rivista on line “L’Ombra delle Parole”.