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Cantastorie - Giulia Perroni

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Dunque, c’è un «velo» che interdice alla «signora» di dire ciò che «porta segreto»; il «segreto» non viene svelato perché la «signora» non può squarciare il «velo» che impedisce di dirlo. Tutto il poemetto è un «volo panoramico» sul mondo, che rappresenta la funzione narrante in modo analogo a quella dell’autore di fiabe che adotta  un tempo presente che si prolunga nel passato e nel futuro
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Come in ogni favola che si rispetti anche in questo poemetto fiabesco di Giulia Perroni c’è una «signora», «la signora bellissima/ la regina e la fata» in «un paese di nobili», «un paese cortese», «La signora non dice/ ciò che porta segreto/ è un tesoro ineffabile/ che è protetto da un velo». Dunque, c’è un «velo» che interdice alla «signora» di dire ciò che «porta segreto»; il «segreto» non viene svelato perché la «signora» non può squarciare il «velo» che impedisce di dirlo. Tutto il poemetto è un «volo panoramico» sul mondo, che rappresenta la funzione narrante in modo analogo a quella dell’autore di fiabe che adotta  un tempo presente che si prolunga nel passato e nel futuro; abbiamo qui una esemplificazione della forma-poesia che è anche un modello di conoscenza che implica una struttura della temporalità come un flusso, un «volo panoramico». L’autrice ricorda «Zia Mariannina»: «Quella notte fu strana/ perlustravo le strade/ dell’inconscio notturno», «Sì il sogno è più vero» del vero, bisogna quindi abitare il sogno. Il tempo non è visibile se non attraverso i suoi eventi, ma bisognerà pur dare un ordine e intrecciarli secondo un plot, una qualche relazione temporale e spaziale. Il modello di temporalità proposto dalla poesia del novecento (lirica, anti lirica, post-lirica), ha due implicazioni: pone tutto ciò che «avviene» sullo stesso piano, in modo indifferenziato (ed è la tipica procedura del romanzo), oppure pone una gerarchia di valori, opera cioè con una procedura assiologica (ed è la procedura della forma-poesia), dove l’organizzazione assiologica e del testo è quella del discorso unilineare dell’io. È la leggerezza del flusso e del «volo» che qui ha luogo, ma il «volo panoramico» per essere tale ha bisogno di un passo e di un cambio di passo, una poesia che non abbia in sé un «passo» e un «cambio di passo» è una poesia polifrastica. Giulia Perroni dimostra una superiore maestria nella orchestrazione dei cambi di passo, delle indirezioni e delle interferenze, dove gli ottonari convivono beati con i settenari e i quinari, una convivenza che è annuncio della pace delle rime con le non-rime e della pace degli uomini tutti sul pianeta terra.


L'autrice
Giulia Perroni è nata a Milazzo e dal 1972 vive stabilmente a Roma. Il suo esordio poetico avviene nella rivista “Nuovi Argomenti” (1977). Il primo libro, La libertà negata (1986), è prefato da Attilio Bertolucci; seguono: Il grido e il canto (1993), La musica e il nulla (1996), Neve sui tetti (1999), La cognizione del sublime (2001) dedicato alla scomparsa e compianta amica poetessa Giorgia Stecher; vengono poi pubblicati: Stelle in giardino - 204 haiku (2002), Dall’immobile tempo (2004), Lo scoiattolo e l’ermellino (2009), La scommessa dell’infinito (Poesie 1986-2009), Tre vulcani e la neve (2009), La tribù dell’eclisse (2015).

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Dunque, c’è un «velo» che interdice alla «signora» di dire ciò che «porta segreto»; il «segreto» non viene svelato perché la «signora» non può squarciare il «velo» che impedisce di dirlo. Tutto il poemetto è un «volo panoramico» sul mondo, che rappresenta la funzione narrante in modo analogo a quella dell’autore di fiabe che adotta  un tempo presente che si prolunga nel passato e nel futuro

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