Er patto esatto

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Il libro


Questa raccolta articolata e composita di Paolo Procaccini ha come comune denominatore, come elemento unificatore, come costante ago di orientamento e di direzione una scrupolosa fedeltà al dialetto romanesco - una fedeltà che vorrei definire esemplare - che l’autore esperimenta in molte (invero quasi tutte) potenzialità: prosa narrativa, prosa lirica, poesia satirica, poesia lirica,
poesia giocosa, poesia epica, forme chiuse, verso libero, aiku, teatro…


“Cos’è il patto stucco? E cos’è un patto esatto?” Se lo chiede Marcello Teodonio nella
prefazione, collegando il titolo di questo libro con l’altro pubblicato da Paolo Procaccini nel
1994. E la sua risposta è semplice: sono i “due momenti dell’essenza di un patto, che prima si
contrae (stucco), e poi, appunto, si rispetta (esatto), come fanno i galantuomini e le persone
perbene.”

 


L'autore
Paolo Procaccini, romano del rione Prati, si occupa da sempre di letteratura, con una spiccata preferenza, sarebbe meglio dire “faziosa”, per quella romanesca e dialettale in genere (è attualmente segretario generale dell’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali). Come poeta è un legittimo erede di una generazione di grandi. In quasi quarant’anni ha avuto modo di conoscere i maggiori esponenti della poesia romanesca del secondo novecento: Mauro Marè, Mario dell’Arco, Giorgio Roberti, Risante, tanto per citarne solo alcuni. Ma Procaccini non
è solo poeta. Ha scritto commedie, prose, ha recitato in teatro, ha svolto un ruolo di critico letterario, i suoi scritti sono sparsi in antologie, libelli, almanacchi e riviste specializzate. Moltissimi sono gli eventi culturali ispirati alla città eterna, alla sua storia ed alle sue tradizioni, che lo hanno visto protagonista, nelle vesti di organizzatore o come fine dicitore. Ha già pubblicato un libro di poesie (“Il patto stucco”) con la casa editrice Totem nel 1994.

 

 

Una poesia


Turista
Rubba ar Foro coll’occhi e un pennarello
er disegno corinzio a un capitello.
Per terra, tra l’ortica e er villutello,
pista l’acanto e nun je pare quello.

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