Fondamenta per lo specchio

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Francesca Dono fa poesia come fa fotografia, con lo smartphone, ha uno sguardo originale e non convenzionale sulle cose come può averlo un primitivo nell’isola di Pasqua. Leggi le sue associazioni e rabbrividisci, non ti ci raccapezzi. Inverte l’ordine degli addendi, e il risultato cambia, è questo il segreto del suo approccio. Possiede il segreto dei «frammenti», li mette in un bussolotto, agita il tutto, e quello che ne viene fuori è un prodotto sempre diverso. Fa del bricolage e del brigantaggio linguistico

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Francesca Dono fa poesia come fa fotografia, con lo smartphone, ha uno sguardo originale e non convenzionale sulle cose come può averlo un primitivo nell’isola di Pasqua. Leggi le sue associazioni e rabbrividisci, non ti ci raccapezzi. Inverte l’ordine degli addendi, e il risultato cambia, è questo il segreto del suo approccio. Possiede il segreto dei «frammenti», li mette in un bussolotto, agita il tutto, e quello che ne viene fuori è un prodotto sempre diverso. Fa del bricolage e del brigantaggio linguistico. Le sue composizioni hanno una leggerezza e una fragranza encomiabile: («Il Roipnol cade tra le spire dei geroglifici»; «Lasciare il cavallo di Troia nella luce della nebbia»). Procede con una precisione fotometrica («Eliopoli contro il vetro»; «Mi hai gonfiato sciacallo per sigillare l’aria»); si esprime mediante enunciati surrazionali e insensati («Anche sua maestà sbatteva tutte le ciglia da una stanza all’altra»); adotta notazioni quasi didascaliche, fa cartografie di fotografie e di immagini, poi cambia passo, allunga il passo, torna indietro, ci ripensa, va avanti, e poi a destra, e a sinistra, parla di cose scombiccherate, bizzarramente assemblate («Uno scaldabagno dentro la mattonella-turchia»), in un paesaggio depaesagizzato e de-psicologizzato, lunarizzato, ridotto a palcoscenico di burattini in libera uscita. Poesie scritte da manichini irriverenti e bizzarri usciti da una vetrina Max Mara che litigano tra di loro. (dalla Prefazione di Giorgio Linguaglossa)

 

L'autrice

Francesca Dono nasce a Reggio Calabria. Si laurea in Scienze Sociali poi si trasferisce a Milano dove vive e lavora. Scrive già a sei anni la sua prima poesia. Comincia a dipingere e fotografare all’età di sedici anni. La sua pittura spazia dal tradizionale al digitale. Tante le opere poetiche selezionate e inserite in varie raccolte ed antologie. Sue pubblicazioni sono presenti sulla rivista «Odissea» di Angelo Gaccione – «Bibbia d’Asfalto» e «Word Social Forum». Molti componimenti si sono classificati ai primi posti in vari concorsi nazionali e internazionali con critiche autorevoli come quella di Maurizio Cucchi. Anche i dipinti sono stati inseriti in vari Cataloghi d’Arte. Nel 2015 ha pubblicato la sua prima raccolta Tra l’Insionismo l’Inversionismo e il dialogo.

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Francesca Dono fa poesia come fa fotografia, con lo smartphone, ha uno sguardo originale e non convenzionale sulle cose come può averlo un primitivo nell’isola di Pasqua. Leggi le sue associazioni e rabbrividisci, non ti ci raccapezzi. Inverte l’ordine degli addendi, e il risultato cambia, è questo il segreto del suo approccio. Possiede il segreto dei «frammenti», li mette in un bussolotto, agita il tutto, e quello che ne viene fuori è un prodotto sempre diverso. Fa del bricolage e del brigantaggio linguistico

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