Squarci

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Questi tredici racconti poetici di Squarci sono fondati sulla catena metonimica, viaggiano sullo «spostamento» più che sulla «condensazione», vogliono andare al fondo della materia infiammabile che costituisce l’inconscio. Il linguaggio dell’inconscio è metonimico per eccellenza, ha una sua strategia per aggirare ed espungere le difese dell’io. Ma l’io reagisce, passa al contrattacco, inventa «una storia», «delle vite», afferra «frammenti». L’io vuole raggiungere la domanda ultima, quella definitiva, ma si trova in scacco, non sa chi ha scritto quella «domanda», ed è costretto a capitolare. 

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Questi tredici racconti poetici di Squarci sono fondati sulla catena metonimica, viaggiano sullo «spostamento» più che sulla «condensazione», vogliono andare al fondo della materia infiammabile che costituisce l’inconscio. Il linguaggio dell’inconscio è metonimico per eccellenza, ha una sua strategia per aggirare ed espungere le difese dell’io. Ma l’io reagisce, passa al contrattacco, inventa «una storia», «delle vite», afferra «frammenti». L’io vuole raggiungere la domanda ultima, quella definitiva, ma si trova in scacco, non sa chi ha scritto quella «domanda», ed è costretto a capitolare. 

Una poesia come questa di Edith Dzieduszycka e della «nuova ontologia estetica» non si può comprendere appieno senza tenere nel debito conto il ruolo centrale svolto dall’inconscio e dall’Es nella strutturazione del discorso poetico, un grandissimo ruolo è giocato dall’Es, dalla sua istanza linguistica effrattiva.

(Giorgio Linguaglossa)

Edith de Hody Dzieduszycka è nata a Strasburgo, Francia, dove ha compiuto studi classici e lavorato per 12 anni al Consiglio d’Europa. I suoi primi componimenti sono stati pubblicati negli anni ’60 dalla rivista Art et Poésie diretta da Henri Meillant. Dopo il suo arrivo in Italia, si è diplomata all’Accademia Arti Applicate di Milano. Ha pubblicato libri di poesia, di racconti, di fotografie e due romanzi. Disegna, realizza collage, scatta fotografie. Ora vive a Roma.

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Questi tredici racconti poetici di Squarci sono fondati sulla catena metonimica, viaggiano sullo «spostamento» più che sulla «condensazione», vogliono andare al fondo della materia infiammabile che costituisce l’inconscio. Il linguaggio dell’inconscio è metonimico per eccellenza, ha una sua strategia per aggirare ed espungere le difese dell’io. Ma l’io reagisce, passa al contrattacco, inventa «una storia», «delle vite», afferra «frammenti». L’io vuole raggiungere la domanda ultima, quella definitiva, ma si trova in scacco, non sa chi ha scritto quella «domanda», ed è costretto a capitolare. 

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